La filosofia del Juche è una filosofia rivoluzionaria originale
LA FILOSOFIA DEL JUCHE È UNA FILOSOFIA RIVOLUZIONARIA ORIGINALE
Articolo pubblicato su Kulloja,
rivista teorica del Comitato Centrale del Partito del Lavoro di Corea
26 luglio 1996
Recentemente si è saputo che certi nostri sociologi hanno espresso delle vedute erronee, contrarie alle idee del nostro partito, nell’interpretazione della filosofia del Juche, vedute che si son fatte strada anche all’estero.
Essi avrebbero interpretato i principi fondamentali della filosofia del Juche alla luce della legge universale dello sviluppo del mondo materiale anziché cercar di chiarire a tal fine la legge propria del movimento sociale. Essi giustificano questa posizione dicendo di voler presentare la filosofia del Juche come un nuovo sviluppo del materialismo dialettico marxista. Ebbene, non abbiamo bisogno, per diffondere la filosofia del Juche, di persuadere chicchessia d’una tale idea. È certo vero che il nostro Partito, lungi dal considerare il materialismo dialettico marxista in modo dogmatico, l’ha studiato ed analizzato dal punto di vista jucheano, potendo così dare un nuovo chiarimento su numerosi problemi. Ciò non toglie che lo sviluppo apportato al materialismo e alla dialettica non costituisce il contenuto essenziale della filosofia del Juche.
La filosofia del Juche è una dottrina originale sviluppata e sistematizzata coi suoi propri principi. Il suo grande merito nell’evoluzione della storia della filosofia è d’aver stabilito dei nuovi principi filosofici incentrati sull’essere umano, e non d’aver sviluppato il materialismo dialettico marxista.
La filosofia marxista pose i rapporti tra la materia e la coscienza, tra l’essere e il pensiero come problema essenziale della filosofia e dimostrò la preminenza della materia e dell’essere; pertanto essa accertò che il mondo è costituito di materia, si trasforma e si sviluppa grazie al movimento della materia. La filosofia del Juche, invece, ha presentato come problema fondamentale della filosofia il rapporto tra il mondo e l’essere umano nonché la posizione e il ruolo che spettano all’uomo nel mondo; essa determinò il principio filosofico secondo cui l’uomo è padrone di tutto e decide di tutto, principio che le servì da base per chiarire la più giusta via per modellare il destino dell’uomo. Mentre la filosofia marxista si diede il compito principale di determinare l’essenza del mondo materiale e la legge generale del suo movimento, la filosofia del Juche si propone di accertare le caratteristiche essenziali dell’uomo e la legge del suo movimento, vale a dire del movimento sociale. Come si può constatare, la filosofia del Juche è una dottrina originale che differisce fondamentalmente della filosofia marxista per il suo compito e i suoi principi. Perciò è un errore considerarla come il prolungamento del materialismo dialettico, provare a dimostrare la sua originalità e la sua superiorità ingaggiando, in un modo o nell’altro, delle discussioni sull’essenza del mondo materiale e la legge universale del suo movimento accertate dalla filosofia marxista. La filosofia del Juché ha stabilito dei principi filosofici nuovi; perciò è escluso d’interpretarla nel quadro della filosofia precedente. Un tale atteggiamento potrebbe solo seminar confusione ed impedirebbe non soltanto di dimostrare la sua originalità, ma anche di comprendere esattamente la sostanza della filosofia del Juche.
La filosofia del Juche, per la prima volta nella storia, chiarì in modo scientifico gli attributi essenziali dell’essere umano; quindi trovò in lui l’essere superiore e il più potente al mondo e propose un nuovo punto di vista sul mondo secondo cui l’uomo domina e trasforma il mondo.
La filosofia del Juche, con la sua nuova concezione del mondo, non è una negazione della concezione materialistica e dialettica del mondo. Essa l’assume come premessa. La nuova nozione del mondo secondo cui l’uomo domina e trasforma il mondo è concepibile solo a partire dall’interpretazione materialistica e dialettica dell’essenza del mondo materiale oggettivo e della legge universale del suo movimento. Se, come fa l’idealismo, si considerasse il mondo come alcunché di misterioso, non si potrebbe concluderne che l’uomo ha la capacità di dominare il mondo; se, come vuole la metafisica, si concepisse il mondo come alcunché d’immutabile, non si potrebbe trarne la conclusione che l’uomo ha il potere di modificarlo. L’idea che l’uomo domini e trasformi il mondo è accettabile solo se si ammette l’interpretazione materialistica e dialettica secondo cui il mondo è formato di materia e non cessa di cambiare e di svilupparsi. Malgrado i limiti e le imperfezioni del materialismo e della dialettica marxista, i loro principi fondamentali appartengono alla scienza e alla verità. È la ragione per cui affermiamo che la filosofia del Juche ha come premessa la concezione materialistica e dialettica del mondo.
Che questa concezione del mondo sia la premessa della filosofia del Juche non vuol dire che questa filosofia rappresenti semplicemente il prolungamento e lo sviluppo del materialismo dialettico. Se è escluso di pensare di conoscere scientificamente il mondo e di poterlo trasformare senza una conoscenza materialistica e dialettica del mondo materiale oggettivo, bisogna nondimeno riconoscere che il principio materialistico secondo cui «il mondo è formato solo di materia» e il principio dialettico secondo cui «il mondo non cessa di cambiare e di svilupparsi» non portano da soli alla conclusione che l’uomo occupa la posizione di padrone nel mondo e gioca un ruolo decisivo nella trasformazione del mondo. La posizione e il ruolo eccezionale di padrone e di trasformatore del mondo assegnati all’uomo possono spiegarsi giudiziosamente solo se le caratteristiche essenziali dell’uomo, quelle che lo distinguono sostanzialmente dagli altri esseri materiali, vengono messe in luce. È la filosofia del Juche che ha infine determinato scientificamente le particolarità essenziali dell’uomo, essere sociale provvisto di indipendenza, di creatività e di coscienza, dalle quali deriva il principio filosofico secondo cui l’uomo occupa la posizione di padrone nel mondo e gioca un ruolo decisivo nella sua trasformazione.
Elaborando una concezione nuova della storia sociale alla luce del principio incentrato sull’uomo, la filosofia del Juche ha sormontato i limiti della vecchia concezione della storia ed apportò un cambiamento radicale alle vedute che vertevano sulla storia.
La filosofia marxista applicò alla storia la legge universale dello sviluppo del mondo materiale, stabilendo così una concezione materialistica e dialettica della storia. Inutile dire che non neghiamo il merito storico che spetta alla concezione materialistica della storia. Questa concezione recò un apporto importante alla battaglia contro la concezione reazionaria e irrazionale della storia basata sull’idealismo e sulla metafisica. D’altronde, è vero che la legge universale dello sviluppo del mondo materiale influenza i fenomeni sociali, giacché l’uomo vive nel quadro del mondo materiale oggettivo e la società è intimamente legata alla natura. E però si avrà per forza una conoscenza imperfetta della storia se si applica meccanicamente la legge universale dello sviluppo del mondo materiale ai fenomeni sociali senza pensare che intervenga una legge propria del movimento sociale.
Il movimento sociale si evolve e si sviluppa in virtù della sua propria legge.
Il movimento sociale è quello dell’uomo, essere che domina e modifica il mondo. L’uomo si dedica a lavori di trasformazione della natura al fine di dominare e di modificare il mondo materiale oggettivo. Trasformando la natura, egli produce beni materiali e crea le proprie condizioni di vita materiale. Trasformare la natura e creare beni materiali ha lo scopo di sopperire ai bisogni sociali ed è realizzabile solo per mezzo della collaborazione sociale. L’uomo cerca parimenti di trasformare la società al fine di migliorare e di perfezionare i rapporti di collaborazione sociale. È l’uomo che trasforma la natura, è parimenti l’uomo che trasforma la società. Dedicandosi alla trasformazione della natura e della società, egli non cessa di trasformare e di sviluppare se stesso. In definitiva, il dominio e la trasformazione del mondo da parte dell’uomo si compiono con la trasformazione della natura, della società e dell’uomo, e le masse popolari ne sono le responsabili. Le masse popolari creano tutti i beni materiali e culturali della società e sviluppano i rapporti sociali.
Con le masse popolari come forza motrice, il movimento sociale ha le sue particolarità che lo distinguono dal movimento della natura. Il movimento sociale nasce e si sviluppa grazie all’azione e al ruolo attivo degli uomini mentre il movimento della natura si produce spontaneamente in seguito all’interazione dei fattori materiali oggettivi. Ecco perché, se si applica meccanicamente alla storia i principi del materialismo dialettico che stabilì la legge universale dello sviluppo del mondo materiale, non si può delucidare né l’essenza della società né la legge universale del movimento sociale. Il principale limite del materialismo storico è che non mise in luce la legge universale propria del movimento sociale e sviluppò i principi del movimento sociale tenendo conto principalmente del tratto comune al movimento della natura e al movimento sociale, entrambi movimenti materiali.
Il materialismo storico marxista divise la società in essere sociale e coscienza sociale ed accordò un’importanza determinante all’essere sociale nei rapporti fra di essi; scompose la struttura sociale in forze produttive e rapporti di produzione, in struttura e sovrastruttura, ed accordò un’importanza decisiva alla produzione materiale e ai rapporti economici. Era il risultato dell’applicazione meccanica alla storia della società del principio materialistico e dialettico secondo cui il mondo è composto di materia, si trasforma e si sviluppa in virtù della legge universale del movimento materiale. Applicando nel campo storico-sociale la legge universale del mondo materiale, i fondatori del marxismo avevano in vista un mondo in cui la natura, l’uomo e la società hanno come tratto comune la loro materialità. Se si applica alla storia la legge universale del movimento del mondo materiale considerando l’uomo come una parte del mondo materiale, piuttosto che come un essere sociale dotato di indipendenza, di creatività e di coscienza, si giungerà per forza a identificare il movimento storico-sociale col processo di evoluzione della natura.
È certo vero che la società si trasforma e si sviluppa in virtù di certe leggi, e non secondo la buona volontà dell’uomo. Tuttavia le leggi della società agiscono in modo affatto diverso da quelle della natura. Mentre nella natura le leggi intervengono spontaneamente, senza dipendere dall’azione dell’uomo, nella società le leggi intervengono attraverso l’attività sovrana, creatrice e cosciente dell’uomo. Fra le leggi della società, talune agiscono in tutte le società senza distinzione di regime, altre intervengono solo in un regime determinato. Tutte le leggi della società, operando mediante l’uomo, possono, a seconda dell’azione dell’uomo, operare senza scosse oppure venir represse o limitate.
Che le leggi della società intervengano tramite l’uomo non significa che siano senza carattere oggettivo o che la spontaneità sia esclusa dal movimento sociale. Se vi sono determinate condizioni socio-economiche, le corrispondenti leggi della società entrano ineluttabilmente in gioco, di conseguenza esse rivestono un carattere oggettivo come le leggi della natura. Se si parla di spontaneità nel movimento sociale, è in quanto l'indipendenza, la creatività e la coscienza dell’uomo sono relativamente poco elevati e non è stato instaurato un regime capace di valorizzarli a sufficienza. Man mano che l'indipendenza, la creatività e la coscienza dell’uomo aumentano e se viene instaurato il regime necessario a liberarli, l’uomo sarà in grado di agire conformemente alle leggi oggettive e il raggio d’azione della spontaneità si ridurrà. Lo sviluppo della società è un processo di sviluppo dell'indipendenza, della creatività e della coscienza delle masse popolari; più questi attributi si sviluppano e il regime si perfeziona in accordo con la loro volontà, più la società si svilupperà grazie alle attività coscienti delle masse popolari. Ciò significa che entra in gioco su tutti i piani la legge del movimento sociale che evolve grazie all’azione e al ruolo positivo degli uomini.
I fondatori del marxismo applicarono alla storia della società la legge universale dello sviluppo del mondo materiale per elaborare la concezione materialistica e dialettica della storia, ma riscontrarono nella realtà del movimento sociale numerosi problemi che la legge universale del mondo materiale non bastava a risolvere. Ecco perché proposero certe teorie, in particolare quella della reazione della coscienza sociale alle condizioni materiali ed economiche che l’hanno generata e quella della reazione della politica all’economia che l’ha determinata. Tentarono così di sormontare il carattere unilaterale della concezione materialistica e dialettica della storia. E tuttavia la concezione materialistica marxista della storia rimase segnata dall’importanza essenziale che accorda ai tratti comuni al movimento della natura e al movimento sociale, e la teoria che generò non poteva che soffrire di un limite identificando lo sviluppo della società con l’evoluzione della natura.
La differenza fondamentale tra la filosofia del Juché e la filosofia marxista trae origine dalla loro interpretazione diversa dell’uomo.
La filosofia marxista definì l’uomo come un insieme di rapporti sociali, senza giungere però a delucidare le particolarità di questo essere che vive in società. Se questa dottrina sviluppò i principi del movimento sociale, incentrandoli sulla legge universale dello sviluppo del mondo materiale, è in quanto non mise in luce i tratti caratteristici essenziali dell’essere umano. È la filosofia del Juche che ha chiarito perfettamente questo problema.
Com’è indicato nei documenti del nostro partito, l’uomo è un essere sociale dotato di indipendenza, creatività e coscienza; e nessuno muove obiezioni a questo riguardo. Tuttavia certi sociologi continuano a dibattere a torto la questione di saper come l’uomo poté divenire un essere sociale dotato di indipendenza, di creatività e di coscienza. Essi considerano ancora le caratteristiche essenziali dell’uomo in rapporto al suo livello di sviluppo come essere materiale ed auspicano che si cerchi l’origine della sua indipendenza, della sua creatività e della sua coscienza nella diversità dei componenti della materia e nella complessità della struttura della loro combinazione. È, a dire il vero, una veduta che considera le caratteristiche essenziali dell’uomo come un’evoluzione della sua natura biologica, come il suo sviluppo e il suo perfezionamento. Quando si tratta dell’uomo come organismo vivente, si può paragonarlo ad altre materie viventi e discutere delle particolarità dei suoi componenti biologici e della sua struttura. Ebbene, l’uomo di cui è questione nella filosofia del Juche non è soltanto un essere organico altamente evoluto, ma anche vivente ed agente, dotato di indipendenza, di creatività e di coscienza, qualità di cui sono sprovvisti tutti gli altri esseri viventi. L’origine di queste tre specificità bisogna cercarla non nello sviluppo dei suoi tratti comuni con altri esseri materiali, ma nei suoi tratti specifici, che non può avere nessun altro essere materiale. È in quanto vive e agisce nella società in mezzo ai rapporti sociali che l’uomo poté acquisire l'indipendenza, la creatività e la coscienza. Questi attributi sociali si formarono e si svilupparono nel corso del processo storico in cui l’uomo agisce in mezzo ai rapporti sociali. Certo, queste caratteristiche sono impensabili senza un organismo altamente sviluppato. Con un tale organismo, l’uomo può essere considerato come il compimento supremo dell’evoluzione e l’essere materiale più sviluppato. Però, quantunque sviluppato sia il suo organismo, se l’uomo non avesse vissuto e agito nella collettività sociale e nei rapporti sociali, non sarebbe mai giunto a diventare un essere indipendente, creatore e cosciente. Senza vita l’uomo non può beneficiare dell’integrità socio-politica, ma la vita non può mai dare origine da sola all’integrità socio-politica. Analogamente, l'indipendenza, la creatività e la coscienza sono impensabili senza l’organismo sviluppato dell’uomo, ma le sue particolarità biologiche non generano da sole questi attributi sociali. Le caratteristiche sociali dell’uomo poterono formarsi e svilupparsi solo attraverso la comparsa e lo sviluppo dell’essere sociale di cui trattasi, vale a dire attraverso lo sviluppo storico delle sue attività e dei suoi rapporti sociali. Che la storia dello sviluppo della società equivalga alla storia dello sviluppo dell'indipendenza, della creatività e della coscienza dell’uomo significa che queste caratteristiche dell’uomo sono attributi che si sono formati e sviluppati nel corso della storia della società. Perciò, per studiare l’uomo in filosofia, bisogna sempre considerarlo in quanto essere sociale.
Che certi nostri sociologi sollevino discussioni sui componenti della materia e sulla struttura della loro combinazione che legano alle caratteristiche essenziali dell’uomo e lascino intendere che si tratta di una parte importante della filosofia del Juche è un’espressione del deviazionismo che tende ad assoggettare la filosofia del Juche allo stampo del materialismo dialettico marxista per interpretarla; è solo un tentativo di giustificare l’erronea veduta evoluzionista che considera le caratteristiche essenziali dell’uomo come il risultato dello sviluppo e del perfezionamento dei suoi attributi biologici.
È importante farsi una nozione giusta dell’essere sociale quando si tratta delle caratteristiche essenziali dell’uomo. I fondatori del marxismo studiarono l’essenza dell’uomo nei rapporti sociali, ma attribuirono il termine essere sociale alla nozione delle condizioni materiali della vita sociale e dei rapporti economici che esistono oggettivamente e si riflettono nella coscienza sociale. Certo, dato che consideravano l’uomo come una componente delle forze produttive e come un insieme di rapporti sociali, l’essere sociale di cui parlavano comprendeva parimenti l’uomo. Tuttavia non impiegarono il termine essere sociale come il termine che determina le particolarità essenziali dell’uomo.
Formulando la filosofia del Juche, abbiamo impiegato il termine essere sociale in un senso particolare considerandolo come determinante le caratteristiche essenziali dell’uomo. Secondo i principi di questa filosofia, l’uomo è il solo essere sociale al mondo. Ebbene, certi sociologi auspicano ancora che s’includa nella nozione di essere sociale le ricchezze e i rapporti sociali, il che cancella la differenza tra l’uomo, le ricchezze e i rapporti sociali. Le ricchezze e i rapporti sociali si creano e si sviluppano grazie all’uomo, perciò è impensabile includerli nella nozione che definisce le particolarità dell’uomo. Certo, si può impiegare il termine essere sociale nel senso attribuitogli dai fondatori della filosofia marxista quando si parla di questa filosofia. Tuttavia, se si interpreta il termine essere sociale nel vecchio senso, allorché si parla della filosofia del Juche, si getterà la confusione sulle caratteristiche essenziali dell’uomo. La filosofia del Juche essendo una filosofia nuova che ha il suo proprio sistema e il suo proprio contenuto, bisogna guardarsi dall’interpretare la sua terminologia secondo il vecchio senso.
Una delle cause principali delle deviazioni commesse da certi sociologi nella spiegazione di questa filosofia è che non hanno tenuto conto degli imperativi della pratica rivoluzionaria nelle loro ricerche filosofiche.
La teoria deve poggiare sulla pratica e servirla. Una teoria separata dalla pratica è incapace di far luce sulla verità; essa non vale niente.
Il Presidente Kim Il Sung ha sempre tenuto conto delle esigenze della pratica rivoluzionaria nelle sue ricerche filosofiche; è dando chiarimenti scientifici sui pressanti problemi d’ordine ideologico e teorico sollevati dalla pratica della rivoluzione che diede vita alla filosofia del Juche. E il nostro partito, generalizzando i dati sperimentali ricchi e profondi forniti dalla pratica della rivoluzione, ha formulato sistematicamente e su tutti i piani la filosofia del Juche e l’ha sviluppata ancora.
La pratica rivoluzionaria è una lotta per l’emancipazione delle masse popolari, che ne sono direttamente incaricate; perciò l’importante nelle ricerche filosofiche è riflettere fedelmente le loro rivendicazioni e le loro aspirazioni, generalizzare i dati sperimentali forniti dalla loro lotta per sviluppare la teoria e portarle a farla propria. Nella società basata sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo la classe dominante cerca, approfittando della filosofia per difendere e giustificare il regime di dominio reazionario, di farne l’appannaggio dei filosofi che rappresentano i suoi interessi; del resto, essa considera le masse popolari come degli ignoranti che non hanno niente a che vedere con la filosofia e sono pure incapaci di comprenderla.
Vedendo nelle masse popolari le padrone di ogni cosa e gli esseri più intelligenti, il nostro partito mise a punto la filosofia del Juché e la sviluppò riflettendo i loro bisogni e le loro aspirazioni e generalizzando i dati sperimentali tratti dalla loro lotta, e ne fece la loro arma. Ecco perché questa filosofia è una verità assoluta che risponde alle rivendicazioni e alle aspirazioni sovrane delle masse popolari; ecco perché è una filosofia popolare, facile da comprendere per loro e che gli serve da arma nella loro lotta.
Ebbene, certi sociologi si abbandonano a discussioni che non hanno pressoché nulla a che vedere sul piano pratico col problema del destino delle masse popolari. Lo scopo dei nostri studi filosofici è di trovare i principi e i metodi da applicare per sviluppare la società e plasmare il destino delle masse popolari. È la politica che orienta lo sviluppo della società, ed è la filosofia del Juche che delucida i principi fondamentali della più giusta politica per lo sviluppo della società. La filosofia del Juche è in questo senso, si può dire, una filosofia politica.
Ho saputo che certi sociologi presentano la filosofia del Juche come lo sviluppo del materialismo dialettico marxista al fine di adattarsi alle necessità particolari della diffusione delle idee del Juche all’estero; è opportuno far ben comprendere che è una filosofia nuova a carattere rivoluzionario ed evitare di diffondere l’idea che si tratti semplicemente di uno sviluppo della filosofia marxista. Cercare, col pretesto di rispettare le particolarità dell’informazione all’estero, di assoggettare la filosofia del Juche allo stampo della filosofia marxista è altrettanto falso che assimilare alla filosofia del Juche degli elementi eterogenei, perdendo di vista i suoi principi fondamentali. Al giorno d’oggi si assiste al porsi su scala mondiale di una serie di questioni d’ordine teorico e pratico che attendono una risposta pertinente basata sui principi della filosofia del Juche. Perché disconoscere allora questi problemi nell’informazione estera e discutere di problemi sprovvisti d’importanza politica e di significato teorico e pratico evidente? Al livello della diffusione delle idee del Juche all’estero è opportuno spiegare giudiziosamente in legame con le questioni d’attualità che la filosofia del Juche è del tutto originale, è una dottrina rivoluzionaria nuova. Non bisogna più che si manifestino deviazioni non soltanto al livello dell’informazione estera, ma anche nella ricerca, nello studio e nell’insegnamento della filosofia del Juche.
La filosofia del Juche mette in luce la base filosofica delle idee del Juche, ideologia direttrice del nostro partito, nonché dei principi fondamentali della rivoluzione: è la filosofia rivoluzionaria, la filosofia politica del nostro partito. L’atteggiamento nei confronti della filosofia del Juche non concerne semplicemente una teoria filosofica, ma verte sul punto di vista e sull’atteggiamento nei confronti delle idee del partito. È opportuno accettare le idee del partito come verità indiscutibili, difenderle gelosamente e farne la propria fede rivoluzionaria per comprendere esattamente la filosofia del Juche, interpretarla a giusto titolo e spiegarla con competenza.
Dobbiamo trarre grande fierezza dalla filosofia del Juche, filosofia politica di cui disponiamo, ed assimilare a fondo i suoi principi per applicarli perfettamente nella rivoluzione e nello sviluppo del paese. Dobbiamo appoggiarci strettamente ai principi della filosofia del Juche nell’analisi e nell’apprezzamento di tutti i fatti sociali e conformarci alle sue esigenze per raggruppare strettamente le masse popolari attorno al partito e rinvigorire il ruolo giocato dalla forza motrice per dare un energico impulso alla rivoluzione e allo sviluppo del paese.
Se la filosofia del Juche è quella che i nostri ricercatori e il nostro popolo devono studiare e assumere come guida, essi devono nondimeno conoscere le idee filosofiche del marxismo-leninismo. È soprattutto il caso dei sociologi. Nello studio di questa filosofia è importante discernere i limiti e le immaturità accanto agli aspetti progressivi e positivi. Bisogna conoscere non soltanto i meriti storici della filosofia marxista, ma parimenti i suoi limiti dovuti alla sua epoca e all’immaturità delle sue idee e delle sue teorie se si vuol evitare di trattare con spirito dogmatico questa teoria e riconoscere a fondo l’originalità e il valore della filosofia del Juche. I sociologi assimileranno la filosofia del Juche, poi provvederanno, guidati dai suoi principi, a farsi un’idea chiara dei limiti e delle immaturità della filosofia marxista in rapporto ai suoi meriti.
Nel contempo bisogna premunirsi strettamente contro tutte le correnti filosofiche eterogenee contrarie alla filosofia del Juche e preservare questa in tutta la sua purezza. La filosofia del Juche possiede un valore e una vitalità superiore, giacché riflette le esigenze della pratica della rivoluzione e la sua verità e la sua giustezza sono state confermate. Oggi l’interesse crescente che suscita e l’allargamento dei ranghi dei suoi partigiani sulla scena internazionale provano che essa dà la risposta più pertinente alla pratica della rivoluzione. I nostri sociologi devono analizzare ed apprezzare tutte le teorie filosofiche alla luce della filosofia del Juche, convinti della scientificità, della verità, dell’originalità e della superiorità di questa filosofia, per impedire alla minima corrente d’idee eterogenee d’impregnare la filosofia del Juche.
Tutti i nostri sociologi sono invitati a studiare e a spiegare in lunghezza e in profondità la filosofia del Juche come vuole il nostro Partito, evidenziando così la sua grandezza ed innalzando la sua forza d’ispirazione.
― Kim Jong Il, Opere scelte, vol. 14, Edizioni in Lingue Estere, Pyongyang 2014, pagg. 171-83 ed. ing.
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