Su alcuni problemi teorici dell’economia socialista

 
SU ALCUNI PROBLEMI TEORICI
DELL’ECONOMIA SOCIALISTA
 
Risposta alle domande poste da alcuni lavoratori
dei settori della scienza e dell’insegnamento
1º marzo 1969
 
Nell’aprile del 1968, attraverso il dipartimento della scienza e dell’insegnamento del Comitato centrale del partito, ho ricevuto le domande poste da alcuni studiosi a proposito della teoria dell’economia socialista. Tuttavia, dato che l’anno scorso la situazione nel paese era tesa e avevano luogo i festeggiamenti per la celebrazione del XX anniversario della fondazione della Repubblica, non ho trovato il tempo per rispondere alle domande che mi erano state poste. Negli ultimi tempi, si dice, alcuni quadri dirigenti economici e alcuni studiosi portano avanti una polemica su questi problemi senza arrivare ad averne una comprensione esatta. Per questo oggi tengo a esprimere la mia opinione in proposito.
 
 
1. Il problema del rapporto tra le dimensioni dell’economia e il ritmo di sviluppo della produzione nella società socialista.
 
Negli ultimi tempi tra alcuni economisti circola una «teoria» secondo la quale nella società socialista l’economia si sviluppa incessantemente, ma quando arriva ad un certo stadio di sviluppo il suo ritmo non può superare il 45 o il 67% all’anno. Oggi anche tra i quadri dirigenti dei nostri organismi economici di Stato ci sono persone, si dice, che ritengono che anche se aumentassimo la produzione industriale soltanto del 67% all’anno sarebbe una cadenza abbastanza elevata, dato che nei paesi capitalistici la produzione aumenta appena del 23% all’anno.
Per portare delle argomentazioni a questa affermazione, essi sostengono che le riserve per l’aumento della produzione nel periodo di ricostruzione diminuiscono rispetto al periodo di ricostituzione, e che, di conseguenza, più l’economia si sviluppa e più le sue dimensioni aumentano, più si riduce la possibilità di aumentare ancora la produzione. In altre parole, più l’industria si svilupperebbe, più le riserve si ridurrebbero e più il ritmo di crescita della produzione rallenterebbe. Anche nel caso del nostro paese, dicono i sostenitori di questa teoria, esistevano grandi risorse nel periodo di ricostituzione del dopoguerra, ma oggi che le basi dell’industrializzazione socialista sono state gettate e che si è entrati nel periodo della ricostruzione tecnica generale dell’economia nazionale, non esistono più abbastanza riserve, e di conseguenza non è più possibile continuare ad aumentare la produzione ad un ritmo rapido.
Coloro che pensano in questo modo non hanno capito la vera superiorità del sistema economico socialista oppure non vogliono vederla.
La società socialista possiede delle possibilità illimitate per sviluppare incessantemente l’economia ad un ritmo elevato, neppure concepibile per la società capitalistica; e più la costruzione socialista avanza e più le basi economiche si rafforzano, più queste possibilità aumentano.
Nella società capitalistica la produzione non può svilupparsi incessantemente a causa dell’arresto periodico del processo di produzione e dello spreco di una vasta quantità di lavoro sociale, conseguenze della crisi di sovrapproduzione, mentre nella società socialista tutte le risorse di mano d’opera e tutte le ricchezze naturali del paese possono essere utilizzate il più razionalmente possibile e la produzione può essere aumentata continuamente e in modo pianificato. Queste possibilità di aumento della produzione si moltiplicano ulteriormente via via che si stabilisce un equilibrio razionale tra i settori dell’economia nazionale e che l’economia del paese viene organizzata in modo migliore grazie al rafforzamento della funzione di organizzatore economico svolta dallo Stato di dittatura proletaria e grazie all’elevamento del livello di gestione economica dei funzionari. Lo Stato socialista può destinare vasti fondi all’accumulazione, in quanto esso esercita un controllo unificato sulla produzione, la ripartizione delle risorse, l’accumulazione e il consumo, e lo fa in modo pianificato, e utilizzando i fondi il più razionalmente possibile può realizzare su scala sempre più vasta la riproduzione allargata socialista.
Inoltre, i rapporti di produzione socialisti aprono ampiamente la strada allo sviluppo incessante delle forze produttive, e lo Stato socialista, approfittando di questa possibilità, può sviluppare rapidamente e in modo panificato la tecnica. La vecchia tecnica viene sostituita da una nuova tecnica, la nuova tecnica ancora più nuova, il lavoro manuale viene meccanizzato, la meccanizzazione si sviluppa e porta semi-automazione, la semi-automazione si sviluppa incessantemente e porta all’automazione, ecco il processo logico dell’edificazione del socialismo e del comunismo. È una verità evidente che nella società socialista la produttività del lavoro aumenta incessantemente e la produzione si sviluppa ad un ritmo elevato via via che la tecnica si sviluppa rapidamente.
Nella società socialista, il fattore decisivo di un potente impulso allo sviluppo delle forze produttive è il grande ardore rivoluzionario dell’uomo. La superiorità essenziale del sistema socialista risiede nel fatto che i lavoratori, liberati dallo sfruttamento e dall’oppressione lavorano dando prova di un zelo cosciente e di un’iniziativa creativa a vantaggio della patria e del popolo, della società e della collettività, per la loro stessa felicità. Nella società capitalistica, i lavoratori non hanno alcun interesse allo sviluppo della produzione e della tecnica, in quanto lavorano controvoglia, sotto la minaccia della disoccupazione e della fame, mentre nella società socialista essi lavorano con entusiasmo per lo sviluppo della produzione, in quanto sono coscienti del fatto che il frutto del loro lavoro è destinato a loro stessi, al loro popolo e alla loro patria. Più il partito e lo Stato del proletariato, conformemente alle loro funzioni naturali, intensificheranno la rivoluzione ideologica tra i lavoratori e liquideranno poco a poco le sopravvivenze delle ideologie sorpassate che ancora permangono nei loro animi, più i lavoratori si impegneranno per sviluppare la produzione socialista e dedicheranno al lavoro tutto il loro talento e la loro energia. In questo modo miglioramenti e innovazioni si verificheranno incessantemente in tutti i campi, nella gestione dell’economia, nell’organizzazione della produzione e del lavoro e nel progresso tecnico.
Tutto ciò dimostra che è completamente falsa la «teoria» secondo la quale nella società socialista le riserve per l’aumento della produzione diminuiscono costantemente e la produzione non può essere aumentata continuamente ad un ritmo rapido via via che l’economia si sviluppa e le sue dimensioni aumentano.
La falsità di questa «teoria» è inoltre dimostrata chiaramente dall’esperienza pratica dell’edificazione del socialismo nel nostro paese.
Consideriamo innanzitutto un fatto intervenuto nel periodo in cui attuavamo il piano quinquennale. I membri del nostro partito e i nostri lavoratori avevano appena realizzato con successo il piano triennale dell’economia nazionale, ricostituendo per l’essenziale l’economia distrutta e assicurando la stabilità del livello di vita del popolo. La situazione economica del nostro paese nell’insieme rimaneva tuttavia molto difficile. Per di più, i nemici interni e esterni si adoperavano freneticamente per attaccare le conquiste della nostra rivoluzione e distruggere l’opera di edificazione del nostro popolo. In queste condizioni noi ci trovammo di fronte al compito pressante di gettare al più presto le fondamenta dell’industrializzazione, per sviluppare l’economia del paese e elevare il livello di vita del popolo. E per questo avevamo bisogno di una quantità immensa di acciaio laminato.
Allora nel nostro paese esisteva un solo blooming, e la sua capacità di produzione nominale era appena di 60.000 tonnellate di acciaio laminato non erano sufficienti.
Il nostro partito decise allora di andare tra la classe operaia e di discutere con essa per superare la situazione difficile che si era creata, allo stesso modo in cui aveva vinto le difficoltà e gli ostacoli riponendo la sua fiducia nella classe operaia e appoggiandosi alla sua forza in tutte le difficili lotte rivoluzionarie del passato.
Su incarico del Comitato politico del Comitato centrale del partito, andammo all’acciaieria di Kangson. Quando domandammo ai quadri dirigenti dell’acciaieria se potevano portare la produzione di acciaio laminato a 90.000 tonnellate, alcuni di essi, scuotendo la testa, dissero che era difficile. Allora noi riunimmo gli operai e ci rivolgemmo a loro: Attualmente, dicemmo, abbiamo appena ristabilito l’economia distrutta. Gli elementi frazionisti hanno alzato la testa per opporsi al partito, gli sciovinisti delle grandi potenze fanno pressione su di noi, l’imperialismo americano e la cricca fantoccio di Syngman Rhee portano avanti una campagna frenetica per la «marcia verso il Nord». Dovremmo per questo lasciarci scoraggiare e piegare davanti alle gravi difficoltà con le quali si scontra l’opera della rivoluzione e dell’edificazione socialista? No. Noi abbiamo fede soltanto nella classe operaia, forza principale della nostra rivoluzione, e non abbiamo altro sostegno che voi. Stando così le cose, non è forse il caso che voi prendiate coraggio e che mostriate il massimo entusiasmo nel dare un maggiore impulso all’edificazione dell’economia, producendo di più e meglio, per superare le gravi difficoltà a cui il nostro partito si trova di fronte?
Fatto così il nostro lavoro politico, gli operai di Kangso si impegnarono a produrre 90.000 tonnellate di acciaio laminato. Essi si misero all’opera con atteggiamento positivo, perfezionando le macchine e le attrezzature già esistenti e risolvendo i problemi aperti, e in questo modo quello stesso anno produssero non 90.000 bensì 120.000 tonnellate di acciaio laminato. Oggi questa acciaieria ha portato la capacità di produzione del suo reparto di blooming al livello di 450.000 tonnellate, cioè a circa otto volte la sua capacità nominale.
Non soltanto all’Acciaieria di Kangso, ma anche in tutti i settori dell’economia nazionale, in tutte le fabbriche e le imprese, le vecchie capacità di produzione nominali furono superate, furono introdotte grandi innovazioni, giorno dopo giorno si verificarono dei veri e propri prodigi che sbalordirono il mondo intero, e l’economia del nostro paese progredì con grandissima rapidità. Il risultato fu che il piano quinquennale, che prevedeva un aumento di 2,6 volte del valore globale della produzione industriale, fu portato a termine in due anni e mezzo e che anche il piano di produzione in indici fisici dei principali prodotti industriali fu realizzato o superato complessivamente in quattro anni.
Nel corso di sette-otto anni, dalla realizzazione del piano quinquennale ad oggi, nel nostro paese il compito della rivoluzione tecnica generale è stato energicamente portato avanti, sono stati creati numerosi nuovi settori industriali, è stata radicalmente migliorata la attrezzatura tecnica dell’industria e le dimensioni della produzione si sono moltiplicate. Se la «teoria» di alcuni — teoria secondo la quale il ritmo di aumento delle dimensioni della produzione stessa — fosse fondata, non sarebbe stato possibile realizzare, dopo il compimento del piano quinquennale, un altro ritmo di sviluppo della produzione nel nostro paese. Al contrario, nel nostro paese, sebbene una grande parte dell’accumulazione sia stata destinata allo sviluppo della costruzione della difesa nazionale, a causa del moltiplicarsi delle manovre d’aggressione dell’imperialismo americano, l’economia si sviluppa incessantemente ad un ritmo elevato anche durante il periodo del piano settennale. Soprattutto, il piano dell’economia nazionale per il 1967, piano del primo anno di realizzazione della decisione della Conferenza del partito sulla necessità di far avanzare parallelamente la costruzione dell’economia e la costruzione della difesa nazionale, è stato un piano esigente, che prevedeva un aumento del 12,8% del valore globale della produzione industriale rispetto all’anno precedente. Ma nel 1967 in realtà abbiamo superato di molto il piano, e abbiamo aumentato del 17% la produzione industriale in un solo anno. Se quell’anno non avessimo subito i danni di un’inondazione di grandi proporzioni, avremmo aumentato la produzione industriale di più del 20%. Questo è stato il risultato del fatto che il nostro partito ha suscitato l’ardore cosciente dei lavoratori intensificando la rivoluzione ideologica tra di essi, e ha combattuto risolutamente tutte le vecchie idee, a cominciare da quelle della passività e del conservatorismo, che ostacolano la nostra avanzata.
Vediamo l’esempio della Miniera di Songhung.
Nel 1967, dato che i quadri della miniera di Songhung avevano presentato un piano molto basso, Il Consiglio dei ministri li convinse ad elevarlo un poco, ma esso rimaneva sempre al di sotto delle esigenze del partito. Per questo, allo scopo di svolgere un lavoro politico tra i quadri di livello superiore della miniera, il Comitato centrale del partito convocò i capisezione e i quadri di livello superiore della miniera e tenne una riunione. A questa riunione noi dicemmo che era necessario estrarre una maggiore quantità di minerali non ferrosi nella Miniera di Songhung, per applicare coerentemente la linea tracciata dalla Conferenza del partito, linea che consisteva nel far avanzare parallelamente la costruzione economica e la costruzione della difesa nazionale. I quadri della miniera si impegnarono allora a estrarre più minerali non ferrosi di quanto aveva stabilito il Consiglio dei ministri. Il risultato fu che essi produssero quasi il doppio di quello che avevano stabilito all’inizio per i minerali non ferrosi.
Prendiamo un altro esempio.
Visto che i funzionari del settore dell’industria delle costruzioni meccaniche sostenevano che nel loro settore le riserve si erano esaurite, nel 1967 noi andammo alla fabbrica di costruzioni meccaniche di Ryongsung e vi accendemmo il fuoco delle innovazioni. Gli operai della fabbrica si mobilitarono e portarono a termine, il piano annuale, compreso il piano di aumento supplementare della produzione.
Vaste riserve sono state reperite e impiegate anche nel corso della lotta per l’attuazione del piano dell’economia nazionale per l’anno passato.
Dato che gli imperialisti americani conducevano una campagna furiosa per la guerra a seguito dell’incidente della nave «Pueblo», il Comitato centrale del partito ha fatto appello alle fabbriche e alle imprese di tutti i settori perché realizzassero prima del termine tutti gli obiettivi di produzione e di costruzione per l’anno passato, e perché producessero di più con la mano d’opera, i materiali e le attrezzature che avrebbero economizzato.
Tutte le fabbriche e le imprese hanno raccolto questo appello rivoluzionario del partito; numerose fabbriche e imprese, mosse dal desiderio di cacciare gli imperialisti americani dal territorio della nostra patria e di riunificare la patria al più presto possibile, hanno chiesto che venissero loro assegnati obiettivi più elevati, e hanno portato a termine a meraviglia i compiti ad esse assegnati.
Tutto ciò mostra che se, seguendo l’orientamento indicato dal nostro partito, si procede ad un lavoro politico corretto per elevare la coscienza politica delle masse, per esaltare il loro entusiasmo rivoluzionario e perfezionare incessantemente la tecnica, è possibile sviluppare con la rapidità desiderata l’economia, quali che siano le sue dimensioni.
La «teoria» secondo la quale quando l’industria arriva ad un certo stadio di sviluppo le sue riserve diminuiscono ed è impossibile assicurare un ritmo elevato di aumento della produzione industriale non ha niente a che vedere con la teoria economica marxista-leninista. La «teoria» secondo la quale una economia di grandi dimensioni non può svilupparsi rapidamente non è altro che un sofisma utilizzato da alcuni per giustificare l’impossibilità di uno sviluppo rapido della loro tecnica e la stagnazione dovute al fatto che essi non hanno educato i lavoratori col pretesto della «liberalizzazione» e dello «sviluppo democratico», e al fatto che per questo motivo i lavoratori, rilassati dal punto di vista ideologico, si sono dati ai piaceri e non hanno lavorato in modo adeguato.
Dopo il trionfo della Rivoluzione socialista d’ottobre, Lenin ha enunciato, parlando dei compiti immediati del potere dei soviet, la celebre tesi secondo la quale il comunismo è il potere dei soviet più l’elettrificazione. Anche se semplice nella sua enunciazione, questa tesi di Lenin contiene un significato profondo. Comprendere correttamente questa tesi e metterla in pratica è, a mio giudizio, una cosa di grandissima importanza per l’edificazione del socialismo e del comunismo. Che cosa significa il potere sovietico di cui parla Lenin? Esso significa precisamente la dittatura del proletariato. E, di conseguenza, la tesi di Lenin sta a significare che lo Stato della classe operaia, continuando la lotta di classe e portando avanti la rivoluzione ideologica e la rivoluzione culturale, deve trasformare la coscienza degli uomini, elevare il loro livello tecnico e culturale, e assolvere il compito di trasformare tutta la società sul modello della classe operaia e di rivoluzionarizzarla. Il termine elettrificazione significa che bisogna sviluppare ad un altro grado la tecnica, fino al punto da consentire l’automazione di tutto il processo di produzione, e che bisogna consolidare al massimo le basi materiali e produttive della società. In conclusione, la tesi di Lenin ci indica che il comunismo sarà realizzato soltanto quando, grazie al rafforzamento della dittatura del proletariato, sarà stata compiuta la rivoluzione ideologica e la rivoluzione culturale e sarà stata portata a termine la rivoluzionarizzazione di tutta la società e la sua trasformazione sul modello della classe operaia, e al tempo stesso si saranno gettate delle basi materiali e tecniche abbastanza solide per poter ottenere delle forze produttive molto elevate, grazie al compimento della rivoluzione tecnica.
Non sarà possibile sviluppare incessantemente e ad un ritmo elevato l’economia socialista né, in seguito, costruire la società comunista, se si trascura anche uno solo di questi elementi: la dittatura del proletariato e la rivoluzione tecnica, secondo l’indicazione di Lenin. Da ciò deriva la necessità di rafforzare la dittatura del proletariato e di portare avanti energicamente la rivoluzione tecnica, con l’obiettivo della costruzione della società comunista. Poiché Lenin è scomparso senza aver potuto tentare in prima persona l’edificazione del comunismo, noi dobbiamo dare un’interpretazione corretta della sua tesi e metterla in pratica. Ma alcuni non vogliono capire e applicare correttamente questa tesi di Lenin. Per promuovere l’edificazione socialista ad un ritmo ancora più elevato in avvenire, dobbiamo opporci in modo intransigente all’opportunismo di destra nel campo della teoria economica. Se non ci opponiamo alle deviazioni di destra nel campo dell’economia, se indeboliamo la dittatura del proletariato, se non sviluppiamo il lavoro politico, se favoriamo l’egoismo individuale negli uomini e cerchiamo di farli agire soltanto per denaro, non possiamo stimolare il loro eroismo collettivo né la loro iniziativa creativa e, di conseguenza, non possiamo assolvere con successo né il compito della rivoluzione tecnica né quello della costruzione economica. Se, seguendo la teoria opportunista di destra, non si sviluppasse l’economia ad un ritmo elevato, sarebbe difficile anche dare lavoro a tutti i cittadini e nutrirli. E se ciò avvenisse, quando mai potremmo raggiungere i paesi sviluppati e costruire la società comunista — la società in cui ciascuno lavora secondo le sue capacità e viene retribuito secondo i suoi bisogni — giacché abbiamo ereditato dalla vecchia società delle forze produttive molto arretrate? Noi dobbiamo respingere la teoria opportunistica di destra; dobbiamo difendere fermamente le idee rivoluzionarie del nostro partito e la sua teoria sull’edificazione economica, e applicarle fino in fondo, proseguendo nel nostro cammino Chollima nell’edificazione del socialismo.
 
 
2. I problemi della forma di merce dei mezzi di produzione e dell’utilizzazione della legge del valore nella società socialista.
 
A quanto si dice, esiste un dibattito tra alcuni economisti sulla questione se i mezzi di produzione nella società socialista sono o non delle merci e se la legge del valore agisce o non nella sfera della loro produzione e della loro circolazione.
Io penso che non si debba considerare questa questione nello stesso modo in tutti i casi. Nella società socialista i mezzi di produzione possono essere o non delle merci a seconda dei casi, e di conseguenza nei casi in cui sono delle merci la legge del valore agisce, mentre nei casi in cui non lo sono essa non agisce. Infatti la legge del valore è una legge della produzione mercantile.
In quale caso i mezzi di produzione sono delle merci e in quale caso non lo sono? Per risolvere correttamente questa questione, io credo sia necessario, ancor prima di affrontarla, cominciare col conoscere chiaramente la natura delle merci e l’origine della loro produzione.
Una merce è un oggetto che è stato fabbricato non per essere consumato ma per essere venduto. In altre parole, non tutti gli oggetti fabbricati sono delle merci, ma soltanto quelli che sono prodotti per lo scambio. Dunque, come si può comprendere facilmente, perché gli oggetti prodotti siano delle merci, bisogna in primo luogo che esista una divisione sociale del lavoro destinata alla produzione di oggetti differenti; in secondo luogo, bisogna che esistano, per un oggetto, un venditore e un acquirente, colui che, vendendolo, perde la proprietà dell’oggetto e colui che, comprandolo, ne ottiene la proprietà. In altri termini, perché abbia luogo una produzione mercantile, è necessario che esistano una divisione del lavoro e una differenziazione nei rapporti di proprietà dei prodotti. Per questo motivo, la produzione mercantile non può esistere né laddove non esiste divisione sociale del lavoro né laddove la proprietà non è differenziata, e cioè dove la forma di proprietà è unica.
La ragione per la quale il rapporto merce-denaro continua ad esistere nella società socialista deve essere dunque indicata nell’esistenza di una divisione sociale del lavoro e di una differenziazione della proprietà dei prodotti. Come tutti sanno, nella società socialista la divisione sociale del lavoro non solo esiste, ma si sviluppa ogni giorno di più. Anche per quanto riguarda i rapporti di proprietà, sebbene la proprietà privata sia soppressa e le diverse forme economiche esistenti all’inizio del periodo di transizione vengano progressivamente trasformate in un’unica forma economica socialista nel corso della rivoluzione socialista, coesistono la proprietà di Stato e la proprietà cooperativa dei mezzi di produzione, e inoltre la proprietà individuale dei beni di consumo. Inoltre, lo Stato socialista deve commerciare con l’estero, nella misura in cui il comunismo non ha ancora trionfato su scala mondiale ed esistono ancora le frontiere.
Tutto ciò costituisce le condizioni dell’esistenza della produzione mercantile nella società socialista. Naturalmente, nella società socialista la produzione mercantile avviene senza capitalisti, e dunque la legge del valore non agisce ciecamente come nella società capitalistica, ma in misura limitata, e lo Stato utilizza in modo pianificato come uno strumento economico per una migliore gestione dell’economia. In futuro, quando il periodo di transizione si sarà concluso e la proprietà cooperativa si sarà integrata nel sistema di proprietà, i prodotti sociali si definiranno non più merci ma più semplicemente mezzi di produzione o beni di consumo, oppure in qualche altro modo, facendo astrazione dal commercio estero. A quel punto la legge del valore cesserà di agire. Certo, la divisione sociale del lavoro continuerà a svilupparsi anche allora, ma la produzione mercantile non esisterà più.
Attualmente numerose persone, tra cui alcuni studiosi e quadri dirigenti dell’economia, commettono errori di destra o di «sinistra» tanto in campo teorico che nel lavoro di gestione dell’economia, in quanto non hanno ben compreso se i mezzi di produzione sono o non delle merci nella società socialista. Alcuni, seguendo la teoria revisionista, sopravvalutano l’importanza della produzione mercantile e della legge del valore e commettono delle deviazioni di destra in quanto vogliono gestire l’economia con metodi capitalistici, mentre altri, ignorando il carattere transitorio della nostra società e non riconoscendo affatto la produzione mercantile e il ruolo della legge del valore, non riescono a razionalizzare la gestione delle imprese e commettono così degli errori di «estrema sinistra», che provocano un notevole spreco di mezzi di produzione e di mano d’opera. È della massima importanza per la costruzione dell’economia socialista avere una comprensione esatta di questa questione e risolverla in modo corretto. La questione dell’utilizzazione del rapporto merce-denaro è, in ultima analisi, una importante questione alla quale lo Stato della classe operaia deve dare una soluzione corretta nel periodo di transizione dal capitalismo al socialismo. Se si commettono errori di destra o di «sinistra» su questa questione, si possono produrre perdite gravi.
In quale caso nella società socialista i mezzi di produzione sono delle merci e in quale caso non lo so? La diversa configurazione deve essere ricercata, come si è detto, nella differenziazione della proprietà. Nella società socialista i mezzi di produzione, anche se si spostano da un luogo all’altro, non sono merci nel caso in cui essi non cambiano di proprietario, mentre sono merci nel caso in cui cambiano di proprietario. Dal che si può trarre una precisa conclusione.
In primo luogo, quando i mezzi di produzione fabbricati in imprese di proprietà statale passano a imprese di proprietà cooperativa, o viceversa, quando i mezzi di produzione fabbricati in imprese di proprietà cooperativa passano a imprese di proprietà statale, esse sono merci e dunque rispetto ad esse agisce la legge del valore. In secondo luogo, i mezzi di produzione che vengono scambiati nel quadro della proprietà cooperativa, cioè tra imprese cooperative, oppure tra le imprese cooperative e le cooperative di produzione, sono merci e anche in questo caso su di esse agisce la legge del valore. In terzo luogo, i mezzi di produzione sono delle merci quando vengono esportati all’estero, e questa transazione sui mezzi di produzione avviene ai prezzi del mercato internazionale o del mercato socialista. Ad esempio, le macchine utensili che il nostro paese venderà a paesi come l’Indonesia o la Cambogia, quando questi lo richiederanno, saranno delle merci, per le quali dovrà essere pagato un prezzo adeguato. Allo stesso modo, se nel nostro paese si realizzerà una confederazione tra Nord e Sud, secondo le proposte del nostro partito per la riunificazione della patria, confederazione che oggi ancora non esiste, e se gli uomini d’affari sudcoreani ci richiederanno delle macchine e le attrezzature che verranno vendute saranno delle merci, e naturalmente su di esse agirà la legge del valore.
Che cosa sono invece le attrezzature, i materiali e le materie prime che circolano tra le imprese di Stato? In questo caso non si tratta di merci. Questi mezzi di produzione infatti sono fabbricati sulla base della cooperazione socialista nella produzione; lo Stato socialista conserva la proprietà di essi anche se vengono trasferiti da un’impresa all’altra, e questi mezzi di produzione vengono forniti dallo Stato non attraverso una vendita libera, ma in modo pianificato secondo il piano statale di fornitura di macchine e di materiali. Lo Stato li fornisce, quando lo ritiene necessario, alle imprese anche se queste non li richiedono, esattamente come fornisce le armi all’esercito. Per questo non si può dire che le macchine e le attrezzature, i materiali e le materie prime che circolano tra le imprese di Stato sono delle merci che si realizzano sulla base della legge del valore.
Come bisogna definire allora, se non merci, questi mezzi di produzione che circolano tra le imprese di Stato, e che cosa si deve dire che si utilizza, se non la legge del valore, per determinare il prezzo calcolato al momento dello scambio, il prezzo di costo calcolato al momento della loro fabbricazione, ecc.? È corretto dire che i mezzi di produzione che circolano tra le imprese di Stato secondo il piano di fornitura di macchine e materiali e secondo il piano di cooperazione nella produzione non sono merci, ma che rivestono la forma di merci e che, di conseguenza, in questo caso la legge del valore agisce nella sua forma e non nella sua sostanza come nella produzione mercantile.
Ciò significa che questi mezzi di produzione non sono delle merci in senso proprio, ma che assumono soltanto la forma di merci; dunque in questo caso l’azione della legge del valore non viene utilizzata in senso proprio, ma tale legge viene utilizzata unicamente nella sua forma, cioè nella produzione e lo scambio dei mezzi di produzione viene utilizzato non il valore ma la forma del valore, unicamente come mezzo di calcolo economico.
Ma come va spiegato il fatto che i mezzi di produzione che sono oggetto di transazione tra le imprese di Stato non sono merci ma assumono soltanto la forma di merci? Il fatto è che sebbene le imprese di Stato siano tutte imprese appartenenti unicamente allo Stato, esse hanno una relativa indipendenza le une rispetto alle altre nell’utilizzazione e la manutenzione dei mezzi di produzione e nella gestione economica, come se fossero imprese di proprietà differente. Ogni impresa autofinanziata del settore statale, sebbene di proprietà dello Stato, riceve da altre imprese di proprietà differente. Ogni impresa autofinanziata del settore statale, sebbene di proprietà dello Stato, riceve da altre imprese, secondo il piano unico statale, i mezzi di produzione che utilizzerà, e deve coprire essa stessa le spese che ha effettuato per la produzione e versare una quota di profitto allo Stato.
Sebbene tutte le imprese autofinanziate del settore statale siano di un’unica proprietà, questa indipendenza di gestione dà l’impressione che i mezzi di produzione che si trasferiscono tra di esse siano delle merci, come i mezzi di produzione che si trasferiscono da una proprietà all’altra. Per questo, sebbene si tratti di imprese autofinanziate dello stesso settore statale, ognuna di esse non fornisce alle altre mezzi di produzione a titolo gratuito, né a basso prezzo, ma li fornisce secondo il principio del compenso equivalente, ai prezzi fissati in modo uniforme dallo Stato sulla base del lavoro socialmente necessario impiegato. Sebbene lo scambio avvenga tra imprese di Stato, la proprietà dei beni scambiati viene presa in considerazione e la transazione sui mezzi di produzione avviene sulla base di un calcolo rigoroso.
Ma perché bisogna accordare, anche nel quadro del settore statale, l’indipendenza di gestione alle imprese, e perché queste devono scambiarsi i mezzi di produzione secondo un calcolo rigoroso, fatto sulla base del principio dell’equivalenza, sebbene i mezzi di produzione scambiati non siano delle merci? Questo è dovuto alle caratteristiche della società socialista, che è una società transitoria. Nella società socialista le forze produttive ancora non sono sviluppate al punto da consentire che ciascuno lavori secondo le sue capacità e vengo retribuito secondo i suoi bisogni. D’altra parte, non tutti possiedono uno spirito collettivista abbastanza elevato da far sì che proteggano e rispettino i beni dello Stato come se fossero loro proprietà personale con senso di piena responsabilità. Non è raro che anche persone abbastanza istruite non considerino come propri gli affari di altri organismi o imprese di Stato e non lavorino con abnegazione per esse, per non parlare delle persone ancora influenzate dalle vecchie idee, persone che, fortemente impregnate dall’egocentrismo della loro regione o del loro organismo e trascurano gli interessi dello Stato o delle altre regioni e gli altri organismi. D’altra parte, nel socialismo, sebbene il lavoro venga considerato senza alcun dubbio come una cosa onorevole e piacevole, esso ancora non è il fondamentale bisogno della vita come nella società comunista. Tutto ciò richiede nel socialismo le imprese, anche se di proprietà dello Stato, facciano un calcolo rigoroso fondato sul principio dell’equivalenza nelle loro transazioni reciproche. Se nella nostra società i prodotti fossero in grande abbondanza, se i quadri dirigenti e i lavoratori di tutte le imprese non avessero più alcun egoismo individuale, considerassero tutti i beni dello Stato come loro e partecipassero con zelo a tutti gli affari dello Stato come se fossero i loro, non sarebbe più necessario fare un calcolo basato sul principio dell’equivalenza.
L’utilizzazione corretta della forma di merce e della forma di commercio nella sfera della produzione dei mezzi di produzione e della loro circolazione ha una certa importanza per l’aumento sistematico della redditività delle imprese e dell’accumulazione dello Stato, grazie all’eliminazione dello spreco di lavoro sociale e al rafforzamento del regime di economia. È dunque necessario che tutti i settori dell’economia nazionale e tutte le imprese utilizzino correttamente queste due forme.
Anzitutto, è necessario sforzarsi per utilizzare correttamente la forma del valore nella sfera della produzione dei mezzi di produzione, in modo da realizzare un regime di calcolo rigoroso, da rafforzare il controllo attraverso il won dell’utilizzazione delle materie prime, dei materiali e della mano opera e da abbassare sistematicamente il livello di consumo di materie prime per unità di prodotto.
Anche nella sfera della circolazione, bisogna utilizzare correttamente la forma di commercio, e al tempo stesso bisogna definire con lungimiranza il piano di fornitura di macchine e materiali, in modo da eliminare lo spreco di macchine, di attrezzature, di materie prime e di materiali, e da farne un uso razionale. Se abbiamo organizzato la società per le forniture di materiali e se abbiamo fatto sì che i materiali e le materie prime venissero vendute e acquistate attraverso di essa, è appunto per assicurare un buon sistema di forniture.
Ma i nostri funzionari economici non si muovono correttamente su queste questioni. Nello stesso manuale di economia politica, si afferma semplicemente che i mezzi di produzione sono esclusi dalla sfera della circolazione delle merci e che vengono forniti alle imprese in modo pianificato, ma non si dice nulla sulla via e la forma concrete attraverso le quali i mezzi di produzione vengono forniti. Il manuale di economia politica non tratta pressoché affatto la questione della fornitura dei mezzi di produzione, e in particolare non menziona la questione della vendita e dell’acquisto di materiali e di materie prime tra le imprese di Stato.
Da ciò derivano i numerosi difetti che si rivelano nella fornitura dei materiali. Quando le imprese si procurano i materiali o le materie prime, esse li prendono come li trovano, a buon mercato o cari, e non si interessano affatto al loro prezzo. Inoltre accade spesso che alcune imprese vengono danneggiate nella produzione della mancanza di quegli stessi materiali.
Indubbiamente la causa di questo fenomeno sta nel fatto che il Comitato Nazionale della Pianificazione non ha definito correttamente il piano di fornitura dei materiali, ma soprattutto nel fatto che non ci si rende conto che la fornitura dei materiali e delle materie prime si realizza sotto forma di circolazione di merci anche nei rapporti tra le imprese statali, in quanto vige la forma della compravendita; ma questo è stato ignorato. Basta dunque che un organismo di pianificazione definisca in modo scorretto il piano di fornitura dei materiali perché nessuno porti la responsabilità dell’intasamento inutile di materiale o dello spreco, e perché nessuno possa essere rimproverato.
Se si vuole rimediare correttamente a questa carenza, bisogna anzitutto ampliare il ruolo delle società di fornitura dei materiali. Se queste lavorano correttamente, non ci sarà più un’eccessiva affluenza di persone che intendono procurarsi materiali, sarà possibile utilizzare efficacemente anche la più piccola quantità di materiali con una fornitura adeguata alle imprese che ne hanno bisogno e non accadrà più che le imprese ricevano, senza conti e indiscriminatamente, sia ciò di cui hanno bisogno che ciò di cui non hanno bisogno, con i relativi intasamenti di materiali e sprechi.
Dobbiamo renderci conto che quando i mezzi di produzione, come le macchine, le attrezzature, i materiali e le materie prime, prodotti dalle fabbriche e le imprese, passano da un’impresa all’altra rimanendo sempre proprietà dello Stato, essi assumono la forma di circolazione di merci. In questo caso c’è la necessità di stabilire un prezzo, il quale deve permettere, nel corso della fornitura effettiva di correggere eventuali errori del piano.
Evidentemente, nella nostra storia tutto viene prodotto, fornito e consumato in modo pianificato. E in particolare, nel caso della proprietà di tutto il popolo, la produzione, la fornitura e il consumo sono interamente pianificati. Ma non è affatto facile pianificare tutto correttamente.
Lo stesso vale per il piano di fornitura dei materiali e delle materie prime. Accade che una tale cosa non figuri nel piano, e che un’altra cosa, sebbene inutile, vi figuri e sia destinata ad essere fornita. Ma chi deve rilevare questi difetti? È la società di forniture. In altre parole, è durante la vendita e l’acquisto dei materiali e delle materie prime attraverso la società di forniture che queste imperfezioni devono essere superate e corrette.
Cosa ancor più importante, anche se il piano di forniture dei materiali è definito correttamente nel suo insieme, esso non può essere realizzato se la fornitura non viene effettuata in modo adeguato nella pratica. Se si ignora la forma del commercio, e cioè la forma della compravendita, nella fornitura dei materiali e delle materie prime, e se la fornitura viene effettuata semplicemente secondo il piano, può capitare che le imprese sprechino il materiale utilizzandolo in modo scorretto. Cose del genere possono accadere spesso, finché tutti i nostri funzionari e tutti nostri lavoratori non saranno diventati comunisti.
Per questo motivo è necessario ampliare il ruolo delle società di fornitura e utilizzare pienamente la forma della circolazione delle merci nella fornitura dei materiali e delle materie prime. È necessario far sì che quando un’impresa acquista alcuni materiali in quantità eccessiva essa si trovi nell’impossibilità di fare ulteriori acquisti, e che, se si lascia andare a sprechi ne risenta fortemente nella sua attività produttiva. Soltanto quando saranno state realizzate queste condizioni nella fornitura delle materie prime e dei materiali i quadri delle imprese verificheranno minuziosamente i prezzi dei materiali e i costi di trasporto, valuteranno la qualità dei materiali, li conserveranno e li accudiranno con maggior cura e si sforzeranno di abbassare il livello di consumo per unità di prodotto nell’utilizzazione dei materiali. Vorrei inoltre esprimere alcune opinioni riguardo alla questione dell’utilizzazione corretta della legge del valore nella sfera della produzione delle merci e della loro circolazione.
La cosa più importante nell’utilizzazione della legge del valore è fissare correttamente il prezzo delle merci. Bisogna fissare il prezzo sulla base di una giusta valutazione delle esigenze della legge economica fondamentale del socialismo e della legge del valore.
Nella determinazione del prezzo delle merci bisogna anzitutto attenersi rigorosamente al lavoro socialmente necessario in esse contenuto. Se nella determinazione del prezzo non ci si attiene al lavoro socialmente necessario fornito, è impossibile mantenere l’equilibrio tra i prezzi e applicare correttamente la ripartizione socialista, il che può esercitare un’influenza nefasta sullo sviluppo della produzione sociale.
Prendiamo un esempio. Un giorno sono capitato in un negozio del distretto di Changsong, nella provincia del Pyongan del nord. All’epoca, in quel negozio un tessuto di filo ritorto fabbricato con 200 grammi di filo costava 3 won al metro, mentre una bobina di filo da 50 grammi costava 5 won e 40 chon. Ciò vuol dire che una bobina di filo costa il doppio del tessuto fabbricato con una quantità di filo equivalente a quello di quattro bobine, per non parlare poi del lavoro di torcitura e di tintura. Indubbiamente, credo che nella fabbrica locale la filatura ha richiesto molta mano d’opera e un certo costo di produzione, a causa della mancanza di una meccanizzazione adeguata. Tuttavia, dato che la filatura non viene fatta con la ruota, il prezzo di costo del filo non può essere superiore a quello del tessuto. E anche se i costi di produzione sono molto alti, non è ragionevole che il prezzo venga alzato in modo così arbitrario, poiché è impossibile fissare un prezzo senza tenere conto del lavoro socialmente necessario fornito.
D’altra parte, quando si tratta di stabilire i prezzi, bisogna tenere basso il prezzo dei beni di largo consumo. Come ho appena detto, bisogna indubbiamente fissare il prezzo delle merci tenendo conto del loro valore. Ma questo non vuol assolutamente dire che il prezzo delle merci non possa discostarsi dal loro valore. Il partito e lo Stato della classe operaia devono coscientemente fissare dei prezzi bassi per i beni di largo consumo, facendo discostare così i prezzi delle merci dal loro valore. In altre parole, i beni indispensabili alla vita materiale e culturale del popolo, come il riso, i tessuti, le calzature, le zanzariere, il filo per cucire, i fiammiferi, il materiale scolastico, devono essere venduti a buon mercato. Si tratta in questo caso di un’utilizzazione corretta della legge del valore, in modo conforme a ciò che richiede la società socialista, la quale nutre e veste tutti i lavoratori in modo eguale e assicura loro una vita felice.
Al contrario, se per i beni di largo consumo vengono fissati dei prezzi elevati, la superiorità del sistema socialista non può manifestarsi in modo adeguato, e la vita del popolo può risentirne. Ad esempio, se si stabilisce un prezzo elevato per i tessuti di cui i nostri cittadini hanno un grande bisogno, come i tessuti misti di vinalon, la gente non potrà vestirsi in modo adeguato. Allo stesso modo, se il materiale scolastico, come i manuali, le matite, i quaderni e la carta, costa caro, sarà impossibile istruire i bambini correttamente, malgrado l’istituzione del sistema di insegnamento obbligatorio.
Alcuni dei nostri funzionari tendono invece ad aumentare le entrate del bilancio finanziario dello Stato attraverso un aumento ingiustificato dei prezzi dei tessuti e di altri beni di largo consumo. Ne risulta che malgrado una vasta produzione di tessuti, e cioè di venti metri per abitante, alcuni lavoratori non sono in grado di vestire in modo adeguato i loro figli dato che a causa dei prezzi troppo alti non possono comprare abbastanza tessuti. È chiaro che la causa principale per cui i tessuti non vengono distribuiti in grande quantità al popolo sta nel fatto che il nostro paese ancora non produce a basso prezzo diversi tipi di tessuti. Ma bisogna comprendere che un’altra causa non meno importante per cui i tessuti non arrivano in grande quantità al popolo è l’atteggiamento errato dei funzionari che vogliono assicurare, attraverso l’aumento dei prezzi dei tessuti, maggiori entrate nel bilancio dello Stato. Per l’iniziativa scorretta dei funzionari, negli ultimi anni i prezzi hanno continuato ad aumentare in modo ingiusto.
Se i nostri funzionari non abbandonano questa concezione e questo atteggiamento scorretti, sarà impossibile migliorare rapidamente la vita del popolo. In realtà, accade spesso che dei prodotti rimangano a lungo invenduti a causa del loro prezzo troppo elevato e che alla fine si sia costretti a venderli a ribasso. Per questa via, alla fine accadrà che la vita del popolo subirà degli inconvenienti e che al tempo stesso le entrate del bilancio dello Stato, il nostro partito e il nostro governo hanno fissato un certo tasso di prelievo sulle entrate della circolazione e si preoccupano di stabilire un prezzo modico per i i beni di largo consumo e di fissare prezzi molto bassi soprattutto per i beni destinati ai bambini, prezzi che coprono appena i costi di produzione. Anche in futuro questo principio dovrà essere costantemente mantenuto.
Al contrario, i beni la cui offerta è ancora limitata, come i generi alimentari più raffinati, gli articoli di lusso e i tessuti di qualità, devono essere tassati in misura maggiore dei beni di largo consumo, in modo da equilibrare la domanda. Per gli alloggi bisogna stabilire gli affitti in base allo stesso principio valido per le merci. Ad esempio, per un alloggio di una o due stanze provvisto di servizi normali bisogna stabilire un affitto elevato, in quanto alloggi di questo genere non sono numerosi. Beninteso, quando le nostre forze produttive saranno abbastanza sviluppate da consentirci di assicurare in modo sufficiente tutte le merci e tutti i servizi a tutti i cittadini, non sarà più necessario ricorrere a misure di questo genere.
Per stabilire correttamente il prezzo delle merci è necessario unificare i prezzi. Esaminando i settori dei prezzi finora stabiliti scorrettamente, si constata che alcuni quadri dirigenti degli organismi economici, a partire dal Comitato nazionale della pianificazione e dal ministero delle finanze, ritenendo che gli articoli fabbricati nelle imprese industriali locali hanno un’importanza soltanto locale, non hanno istituito un controllo sulla fissazione dei loro prezzi, affidando il compito ai presidenti dei comitati popolari provinciali. Al contrario, così come sono stati creati dei comitati regionali di pianificazione e il lavoro di pianificazione è stato unificato, è necessario che vengano creati dei comitati regionali dei prezzi, in modo che la fissazione dei prezzi sia unificata per tutti gli articoli, compresi quelli prodotti nelle imprese locali; allo stesso modo, bisogna che gli organismi economici come il Comitato nazionale della pianificazione, il ministero delle finanze e il Comitato per la fissazione dei prezzi rafforzino il loro controllo sulla determinazione dei prezzi.
 
 
3. I problemi del mercato contadino nella società socialista e dei mezzi per sopprimerlo.
 
Il mercato contadino è la forma di commercio attraverso la quale i contadini vendono direttamente alla popolazione, in un luogo determinato, una parte dei prodotti agricoli e dell’allevamento provenienti dal lavoro comunitario delle fattorie cooperative e dalle occupazioni sussidiarie individuali dei contadini cooperatori. Sebbene il mercato contadino sia una forma di commercio esistente nella società socialista, esso contiene numerose sopravvivenze del capitalismo. Quali sono le sopravvivenze del capitalismo nel mercato contadino? Esse consistono nel fatto che il prezzo si determina spontaneamente in base alla domanda e l’offerta, e di conseguenza la legge del valore nel mercato contadino in una certa misura agisce ciecamente. Lo Stato non pianifica la domanda, l’offerta e i prezzi del mercato contadino. Naturalmente, la spontaneità del mercato contadino subisce una certa restrizione nella misura in cui il commercio di Stato si sviluppa e lo Stato rafforza il suo ruolo di regolatore del mercato contadino, ma nella fase del socialismo è impossibile che il mercato contadino venga soppresso completamente.
Originariamente il termine «chang» (mercato) non è comparso né sotto il sistema socialista né sotto il sistema capitalistico, ma è un termine trasmesso dalla società feudale. Il chang si è formato con lo sviluppo dell’artigianato in epoca feudale. Fin dai tempi antichi, i coreani hanno chiamato il mercante changsagun, che vuol dire «uomo che lavoro al chang». Il chang dunque è una forma arretrata di commercio, nata nella società feudale. Perciò in teoria sarebbe preferibile che in un sistema avanzato come quello socialista non esistesse questa forma arretrata di commercio.
Ma nel socialismo il mercato contadino non può scomparire finché esistono l’economia cooperativa e la produzione sussidiaria individuale; e d’altra parte la sua esistenza non è una cosa del tutto cattiva. Forse alcuni compagni pensano che lo Stato deve comprare anche i prodotti provenienti dalle occupazioni sussidiarie e fornirli secondo un piano. Questo è un errore, e per di più è impossibile nella pratica. Bisogna fare in modo che i prodotti delle occupazioni sussidiarie private possano essere consumati dai produttori stessi e che questi possano vendere liberamente le eccedenze sul mercato o scambiarle con altri prodotti. La grande parte dei prodotti dell’allevamento e delle coltivazioni industriali provenienti dalle fattorie cooperative deve essere comprata dallo Stato, ma una parte deve essere distribuita ai contadini. I contadini potranno consumare essi stessi questi prodotti e venderli ai lavoratori-compratori o sul mercato contadino. Non bisogna costringere i contadini a vendere questi prodotti soltanto ai lavoratori-compratori, ma bisogna permettere loro di venderli a chiunque. Soltanto in questo modo sarà possibile assicurare al popolo le comodità necessarie.
Anche nel manuale di economia il problema del mercato contadino non viene trattato in modo adeguato. Che cosa vi si legge? Soltanto che il mercato contadino esercita un’influenza negativa sullo sviluppo dell’economia comunitaria e favorisce le idee piccolo-borghesi e l’egoismo tra i contadini. Ma non si precisa perché il mercato contadino è necessario nella società socialista, che ruolo vi svolge e quando potrà scomparire.
Che la produzione sussidiaria e il mercato contadino sussistano nella società socialista è una cosa buona, non cattiva. Dato che lo Stato ancora non è in grado di fornire in quantità sufficiente tutti gli articoli necessari alla vita del popolo, e in particolare i piccoli oggetti di uso quotidiano, come lo scope o le bottiglie di zucca, o i generi alimentari secondari, come la carne, le uova, il sesamo e il sesamo selvatico, che c’è di male che delle persone producano questi beni nelle loro occupazioni sussidiarie e li vendano sul mercato? Indubbiamente è un sistema arretrato, ma bisogna utilizzare anche i sistemi arretrati quando i sistemi avanzati ancora non sono in grado di risolvere tutti i problemi.
Alcuni funzionari temono che la produzione sussidia e il mercato contadino facciano rinascere direttamente il capitalismo, ma i loro timori sono infondati. Se si assegnassero degli appezzamenti individuali troppo grandi ai membri delle fattorie cooperative, questi potrebbero dedicarsi eccessivamente al lavoro individuale anziché partecipare attivamente al lavoro cooperativo, e questo potrebbe incoraggiare gli elementi capitalistici. Ma gli appezzamenti individuali dei nostri contadini non superano le poche decine di pyong, e quanto all’allevamento individuale praticato come attività sussidiaria, i contadini posseggono al massimo due maiali o una decina di polli. Anche se un contadino coltiva sul suo appezzamento individuale qualche pianta di tabacco, questo non è un’attività di tipo capitalistico, e anche se il contadino vende un po’ cari i suoi polli al mercato non diventerà sicuramente un capitalista.
Se si sopprimesse con una legge il mercato contadino, sostenendo che la produzione sussidiaria e il mercato contadino esercitano un’influenza negativa sul lavoro comunitario e stimolano l’egoismo, che cosa accadrebbe? Naturalmente il mercato sarebbe soppresso, ma il mercato nero continuerebbe ad esistere. I contadini andrebbero di cucina in cucina e di vicolo in vicolo a vendere i polli e le uova prodotti nella loro attività sussidiaria. In questo modo, i contadini si esporrebbero al pericolo di essere arrestati e condannati ad una multa o alla prigione. La soppressione forzata del mercato contadino dunque non risolverebbe nulla, anzi causerebbe degli inconvenienti al popolo e renderebbe ingiustamente colpevoli davanti alla legge molte persone.
Dunque, dato che lo Stato non è in grado di produrre e di fornire in quantità sufficiente tutto ciò che è necessario alla vita del popolo bisogna stare in guardia contro la deviazione di «sinistra» che vorrebbe sopprimere immediatamente il mercato contadino.
Ma allora, quando si arriverà alla soppressione della produzione sussidiaria privata e del mercato contadino?
In primo luogo, la produzione sussidiaria e il mercato contadino potranno scomparire soltanto quando tutti i beni di consumo di cui il popolo ha bisogno saranno disponibili in abbondanza grazie all’industrializzazione del paese e ad un alto sviluppo della tecnica. Quando in un negozio di Stato sarà possibile comprare un determinato articolo, quale che sia, nessuno andrà più a cercare quello stesso articolo al mercato contadino. Supponiamo che le fabbriche producano in abbondanza fibre sintetiche a buon mercato e di buona qualità. In questo caso, nessuno andrà più a comprare cotone caro al mercato contadino, e anche se un certo numero di contadini vorranno continuare a vendere caro il loro cotone, non ci riusciranno. Già oggi le merci soddisfano la domanda del popolo e vengono vendute allo stesso prezzo in tutte le parti del paese, che si tratti di grandi città come Hamhung o di remote zone montagnose come quella di Potaeri, ai piedi del monte Paektu. Dunque, quando tutti i beni abbonderanno e saranno venduti dovunque allo stesso prezzo, la cosa equivarrà al sistema di fornitura.
Non bisogna dimenticare tuttavia che le merci che non soddisfano la domanda del popolo sono oggetto di un traffico clandestino e sono rivendute sul mercato contadino, anche se lo Stato ha fissato in modo uniforme il loro prezzo. Accade che si tengano dei prodotti in magazzino per venderli più cari quando la richiesta è maggiore. Prendiamo ad esempio le uova. Abbiamo creato dei centri di pollicoltura a Pyongyang e in diversi altri posti, e attualmente viene prodotta una certa quantità di uova. Ma la produzione ancora non è sufficiente a soddisfare le esigenze della popolazione. Si è determinata dunque una differenza tra il prezzo di Stato delle uova e quello sul mercato contadino, e accade che le uova vengano rivendute per trarre profitto da questa differenza.
Si potrebbe mandare in una casa di rieducazione chi ha rivenduto qualche uovo, definendolo un delinquente. E d’altra parte, se si volesse effettuare il controllo con un altro sistema, non si potrebbe fare molto di più che prendere alcune misure pratiche come la regolamentazione delle quantità di vendita. Indubbiamente è necessario prendere misure del genere, ma queste potranno impedire soltanto in misura limitata la concentrazione delle merci nelle mani di alcune persone, e non potranno mai sopprimere completamente la rivendita al mercato contadino o il mercato nero.
Per risolvere questo problema, è necessario produrre i beni in abbondanza. Se si creano altri centri per la produzione di uova e se si producono abbastanza uova da soddisfare i bisogni del popolo, il mercato nero delle uova è destinato a scomparire, come anche il traffico delle uova sul mercato contadino. In questo modo, quando lo Stato sarà in grado di soddisfare i bisogni del popolo ed eliminerà dunque una dopo l’altra le merci che circolano sul mercato contadino, alla fine si creerà una situazione in cui il mercato contadino non sarà più necessario.
In secondo luogo, soltanto quando la proprietà cooperativa si sarà trasformata in proprietà di tutto il popolo la produzione sussidiaria individuale e il mercato contadino potranno scomparire.
Come ho già indicato nelle Tesi sulla questione rurale socialista, quando si sarà trasformata la proprietà cooperativa in proprietà di tutto il popolo, rafforzando incessantemente il ruolo dirigente della proprietà di tutto il popolo rispetto alla proprietà cooperativa e combinando in modo organico le due forme di proprietà, il traffico sul mercato contadino scomparirà.
Una delle cause principali che oggi fanno continuare ad esistere il mercato contadino è l’esistenza dell’economia cooperativa e dell’economia sussidiaria individuale accanto all’economia di Stato.
Dunque, quando le due forme di proprietà si saranno riunite nella sola proprietà di tutto il popolo, l’economia sussidiaria individuale scomparirà a seguito dello sviluppo delle forze produttive, e allo stesso tempo modo il mercato contadino cesserà di esistere e la circolazione delle merci in generale diventerà inutile. A quel punto i prodotti saranno distribuiti secondo un sistema di fornitura. Attualmente noi distribuiamo alcuni prodotti di prima necessità, tra cui il riso, agli operai e ai contadini, sulla base di un sistema di fornitura. Chiaramente non si tratta di un sistema di fornitura che deriva dall’abbondanza dei prodotti né corrisponde a quello che sarà applicato quando vi sarà unicamente la proprietà di tutto il popolo. Si tratta piuttosto di un sistema di controllo destinato a nutrire e a far vivere tutti in modo eguale, vista l’insufficienza dei prodotti. A differenza del sistema di fornitura che applichiamo attualmente allo scopo di realizzare un controllo, il sistema di fornitura dei prodotti che applicheremo quando le forze produttive si saranno sviluppate grandemente e le due forme di proprietà si saranno riunite nella sola proprietà di tutto il popolo, sarà un sistema di fornitura che tenderà ad assicurare, nel modo migliore, conformemente ai diversi bisogni del popolo, la distribuzione di beni di consumo prodotti in grande quantità.
In conclusione, soltanto quando le forze produttive si saranno sviluppate a tal punto da permettere allo Stato di produrre e fornire in abbondanza tutti i beni richiesti dal popolo, e quando la proprietà cooperativa sarà diventata proprietà di tutto il popolo, il mercato contadino e il mercato nero scompariranno e il commercio si trasformerà completamente in un sistema di fornitura.
 
Kim Il Sung, Opere, vol. XXIII, Edizioni in lingue estere, Pyongyang 1985, pp. 421-447.

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