Su alcuni problemi posti nell'interpretazione della filosofia del Juche


 

KIM JONG IL



SU ALCUNI PROBLEMI POSTI NELL'INTERPRETAZIONE DELLA FILOSOFIA DEL JUCHE



Risultati del colloquio coi funzionari della propaganda teorica del Partito


2 aprile 1974




Recentemente, uno specialista delle scienze sociali mi ha fatto pervenire una lettera nella quale esprimeva la sua opinione sulla filosofia jucheana.

Il contenuto di questa lettera mi porta a credere che i nostri scienziati non abbiano ancora una conoscenza precisa della filosofia jucheana.

La filosofia jucheana è una filosofia nuova e il nostro Leader ne è il promotore.

È una filosofia incentrata sull’uomo, poiché, nella sua formulazione così come nella sua sistematizzazione, essa mette l’accento sulla specie umana. Per filosofia incentrata sull’uomo non intendiamo semplicemente una filosofia che cerca di studiare e delucidare il problema dell’uomo. La filosofia incentrata sull’uomo di cui noi parliamo mette l’essere umano al centro del problema filosofico fondamentale e ne fa una leva per ciò che concerne la visione, la concezione e la posizione che bisogna adottare nei confronti dell’universo.

Ma l’autore della lettera che ho testé menzionato assimila la filosofia jucheana alla filosofia umanista. La sua opinione è ad ogni modo condivisa da alcuni altri specialisti delle scienze sociali.

La filosofia umanista è molto antica; essa è del resto dovuta a molteplici scuole aventi tutte lo stesso obiettivo: la chiarificazione della questione puramente umana. Essa nega la missione iniziale della filosofia in quanto scienza che s’ingegna a comprendere il mondo; è una filosofia della vita che disserta essenzialmente su cosa sono l’uomo e la vita umana.

Del tutto diverso è il discorso da farsi per la filosofia jucheana. Essa s’interroga fondamentalmente sulla posizione ed il ruolo dell’uomo nel mondo e specifica il principio filosofico secondo il quale l’uomo è padrone di tutto e decide di tutto. Il problema fondamentale che pone questa filosofia non è il problema astratto dell’uomo, ma piuttosto quello dei rapporti tra il mondo e l’essere umano; altresì, il principio sul quale essa riposa non è semplicemente una concezione della vita umana, ma una concezione del mondo. Ma questa concezione del mondo, che essa preconizza, è incentrata sull’uomo, è una concezione jucheana dell’universo.

La filosofia jucheana professa ugualmente un nuovo punto di vista per quanto attiene all’uomo.

Storicamente parlando, il problema dell’uomo è stato per lungo tempo l’oggetto delle ricerche filosofiche e innumerevoli dibattiti sono stati intrapresi intorno a questo problema, senza tuttavia esser giunti ad una soluzione filosofica soddisfacente. I teorici marxisti classici hanno formulato un’opinione dialettica materialista su questo problema, compiendo così un enorme progresso nella delucidazione filosofica della natura dell’uomo. Per essi, la natura dell’uomo è costituita dall’insieme dei rapporti sociali, la produzione materiale e i rapporti socio-economici costituendo i fattori più determinanti di ogni azione umana. Malgrado il loro punto di vista dialettico materialista sul problema dell’uomo, essi non hanno potuto tuttavia evidenziare completamente le caratteristiche essenziali dell’uomo in quanto essere che domina e trasforma la natura e la società.

La filosofia jucheana è stata la prima a dimostrare che il senso di libertà, la creatività e la coscienza sono gli attributi dell’essere sociale che è l’uomo. Essa ha inoltre totalmente delucidato la natura dell’uomo e colto in modo giusto il problema filosofico della sua posizione e del suo ruolo in quanto padrone della natura e della società che egli sottomette alla sua volontà e trasforma.

La filosofia jucheana e la filosofia umanista differiscono fondamentalmente l’una dall’altra per il punto di vista che ciascuna di esse adotta nei riguardi dell’uomo. La prima vede nell’uomo un essere sociale autonomo, creatore e cosciente, mentre i sostenitori della seconda negano il carattere sociale dell’uomo che considerano come un essere istintivo, impotente ed isolato dal mondo. La filosofia umanista borghese rifiuta di comprendere scientificamente il mondo e si oppone alla sua trasformazione rivoluzionaria, esaltando così la tristezza, il pessimismo e l’individualismo estremo.

Noi dobbiamo farci un’idea chiara della natura reazionaria della filosofia umanista preconizzata dalla borghesia ed afferrare correttamente l’originalità della filosofia jucheana che pone e delucida in modo originale il problema dell’uomo.

Per comprendere la filosofia jucheana bisogna, inoltre, interpretare in maniera precisa il suo nuovo punto di vista nei riguardi del mondo, il quale è incentrato sull’uomo.

Secondo questa filosofia, l’uomo è l’asse di ogni visione del mondo e la concezione e la posizione da adottare verso il mondo devono ugualmente essere incentrate sull’uomo. È questa la caratteristica essenziale di questa filosofia, la sola concezione rivoluzionaria del mondo nella nostra epoca. Chiarendo con originalità la percezione, la concezione e la posizione nei riguardi dell’universo polarizzandole sull’uomo, essa fornisce alle masse lavoratrici, e soprattutto alla classe operaia, un’arma efficace che permette loro di trasformare il mondo e di modellare il loro destino.

Ora, attualmente alcuni pretendono che l’essere umano sia la componente essenziale dell’universo o che esso sia all’origine di tutte le trasformazioni che intervengono nel mondo materiale, e credono di aver così trovato il nuovo punto di vista preconizzato dalla filosofia jucheana e che si distingue da quello delle filosofie precedenti.

La dialettica materialista ha già dimostrato che il mondo è costituito dalla materia e non dallo spirito o dall’idea, che muta e si evolve in funzione delle leggi sue proprie e non sotto l’impulso di una forza sovrannaturale qualsiasi. Non si può negare il fatto che il mondo, di cui la materia è sostanza, sia una totalità materiale e che il suo movimento e la sua evoluzione si reggano su leggi loro proprie. La filosofia jucheana, per parte sua, tenta di rispondere alla nuova domanda: chi è il padrone del mondo e qual è la forza che lo trasforma e lo modifica? Essa sviluppa una nuova percezione del mondo secondo la quale la natura e la società sono dominate e trasformate dall’uomo, portando così a termine, con successo, il principale compito filosofico della nostra epoca nella quale le masse popolari sono divenute padrone del loro destino, soggetti della storia.

La filosofia jucheana spiega così il fatto che l’uomo è il padrone del mondo, che lo domina, ma essa non suggerisce affatto che il mondo materiale abbia per componente essenziale la specie umana. Ugualmente, questa filosofia sottolinea che è l’uomo che modifica il mondo, ma non ammette che l’uomo sia l’autore di tutti i cambiamenti che sopravvengono nel mondo. L’opinione per la quale il mondo materiale si limita essenzialmente all’uomo o che tutte le trasformazioni del mondo dipendano dall’uomo è dovuta a una cattiva comprensione della filosofia jucheana. Per poter comprendere il mondo secondo la spiegazione che ne propone la filosofia jucheana, si devono apprezzare correttamente la posizione ed il ruolo dell’uomo.

Per comprendere correttamente la filosofia jucheana, è altresì importante farsi un’idea giusta della nozione di indipendenza.

La filosofia jucheana è stata la prima a mettere in luce il fatto che l’uomo è un essere sociale avente un bisogno vitale d’indipendenza, compiendo così una svolta storica nella delucidazione della natura dell’uomo così come della sua posizione e del suo ruolo.

Ma, attualmente, hanno avuto corso false opinioni nell’interpretazione del problema dell’indipendenza delucidato dalla filosofia jucheana.

Come dimostra la lettera che ho prima citato, alcuni considerano il senso di libertà dell’uomo come risultato dello sviluppo e del perfezionamento dell’istinto di conservazione che caratterizza la materia vivente in generale.

Il senso di libertà è l’attributo dell’essere sociale che è l’uomo e non dovrebbe dunque essere considerato come un semplice risultato dello sviluppo e del perfezionamento della natura biologica della materia vivente.

L’opinione per la quale il senso di libertà dell’uomo è il risultato dello sviluppo e del perfezionamento delle proprietà naturali della materia vivente ordinaria deriva, essenzialmente, da una forma di riflessione evoluzionista.

Certo, noi non neghiamo l’evoluzionismo in quanto tale. La scienza ha dimostrato già da molto tempo che la specie umana rappresenta il risultato di una lunga serie di trasformazioni.

Tuttavia, se l’uomo stesso è il prodotto dell’evoluzione, lo stesso non vale per il senso di libertà di cui gode.

Il senso di libertà è il prodotto della società. Si tratta di una proprietà che l’uomo riceve dalla società e non dalla natura; non è un dono dell’ambiente naturale, ma un prodotto del divenire storico-sociale. La natura conferisce all’uomo le sue proprietà naturali, biologiche, mentre la società gli conferisce le proprietà di ogni essere sociale. Si può affermare che il senso di libertà dell’uomo è un’esigenza ed una espressione della vita e delle pratiche sociali.

Evidentemente, sarebbe possibile paragonare in una prospettiva evoluzionista l’uomo e la materia vivente in generale per sapere perché il senso di libertà è dato solo all’uomo.

Non si potrebbe concepire il senso di libertà dell’uomo al di fuori del suo organismo fisico specifico che si è formato e si è sviluppato nel corso di un lungo processo di evoluzione.

Grazie a questo organismo molto evoluto, l’uomo possiede la facoltà di pensare e quella di lavorare, che gli sono proprie e che non sono date ad alcuna altra forma di materia vivente, ciò che spiega il suo senso di libertà. Non si deve perciò dedurre che quest’ultimo, così come l’organismo umano, è il prodotto della sua evoluzione. Il senso di libertà, attributo dell’uomo, non è né esistito né ha potuto farlo sotto qualsiasi forma, nemmeno in forma embrionale, prima della formazione della società.

Il senso di libertà dell’uomo si distingue qualitativamente dalla natura istintiva della materia vivente ordinaria che cerca semplicemente di mantenere la propria esistenza fisica. Esso consiste nel voler vivere e svilupparsi in quanto essere sociale. È sbagliato cercare di spiegare il senso di libertà dell’essere sociale che è l’uomo a partire dal suo semplice istinto di conservazione. Adottando questa posizione non si farà che negare la differenza fondamentale tra l’essere sociale e l’essere naturale, tra la proprietà sociale e la proprietà biologica.

Il senso di libertà dell’uomo, essere sociale, è senza alcun dubbio una nozione storico-sociale e va dunque considerata e afferrata dal punto di vista storico-sociale.

Se insistiamo sulla necessità di non confonderla con le proprietà naturali della materia vivente, non bisogna tuttavia concludere che questa arriva a rifiutare di ammettere la materialità dell’uomo.

È innegabile che l’uomo è un essere materiale. Non è però men vero che esso non è un essere materiale ordinario. A differenza delle altre forme di materia vivente che sono prigioniere del mondo oggettivo al quale devono adattarsi, l’uomo domina e trasforma il mondo conformemente ai suoi desideri ed ai suoi bisogni. Considerare il senso di libertà, attributo dell’uomo, come un fatto naturale, sarebbe, in definitiva, rendere fluida la linea di demarcazione fondamentale tra l’essere sociale che è l’uomo e la materia vivente in generale e abbassare la sua posizione ed il suo ruolo di dominazione e trasformazione del mondo al livello delle funzioni della materia vivente ordinaria.

Il senso di libertà, un attributo importante dell’essere sociale che è l’uomo, non si accorda tuttavia alla totalità delle sue proprietà sociali. Allo stesso modo del senso di libertà, la creatività e la coscienza sono ugualmente proprietà sociali umane. Nondimeno queste tre proprietà rinviano, va da sé, a degli aspetti fondamentali dell’uomo. Il primo determina la volontà dell’uomo di vivere in piena indipendenza in quanto padrone del mondo e del suo proprio destino, la seconda lo guida a trasformare il mondo e a modellare il suo destino con un obiettivo preciso, e la terza funge da base per tutte le sue attività volte a conoscere ed a trasformare il mondo o l’essere umano stesso. Una di queste tre proprietà si distingue dalle altre due, ma allo stesso tempo vi è indissolubilmente legata. Senza il senso di libertà, non si può dar pieno sfoggio di creatività; ugualmente, privi di creatività non si saprebbe godere realmente del proprio senso di libertà. Queste due nozioni presuppongono una coscienza che garantisca la loro esistenza. Altresì, per conoscere le proprietà sociali dell’uomo, è importante considerare correttamente il senso di libertà, la creatività e la coscienza non solamente nella loro unità, ma anche nei loro rapporti.

La filosofia jucheana ha chiarito con originalità la natura, la posizione ed il ruolo dell’uomo che domina e modifica il mondo, elevando così la dignità e il valore dell’essere umano al grado più alto. È questo il grande merito da ascrivere a suo favore e che nessun altro pensiero filosofico ha potuto ottenere.

Attualmente la filosofia jucheana gode del sostegno e dell’approvazione incessantemente crescenti dei popoli del mondo.

Dobbiamo vigilare affinché i teorici delle scienze sociali studino in maniera approfondita la filosofia jucheana, la spieghino e la diffondano correttamente al fine di far conoscere ancor più ciò che fa grande l’idea Juche.

Conto di esporre ancor più dettagliatamente i problemi che pone la comprensione dell’idea Juche, in particolare il problema dell’indipendenza. È dunque preferibile, per il momento, non trasmettere il mio discorso agli altri e guidare i teorici delle scienze sociali ad approfondire i loro studi e le loro ricerche sull’idea Juche al fine di acquisirne una conoscenza esatta.


Kim Jong Il, Per sviluppare le idee del Juche, Edizioni in Lingue Estere, Pyongyang 1995, pagg. 1-8 ed. fr.

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